#Bus ai tempi del colera
La paladina delle mascherine
Ormai siamo rimasti in tre a prendere il
bus. È ancora il mezzo meno stressante per andare a lavorare e ho iniziato a chiamarlo “la mia limo”. Sto bello largo e, una volta tanto, posso sedermi. Tre fermate e si rompe la diade di amiche che mi sta a ore undici, due
file più avanti. Una delle due donne, quella più vitale, bella pasciuta, con accento dell'est Europa e la risata facile, scende. Ripartiamo. Trambusto. La
signora dietro di me, una donna magra e con gli occhi di fuori, si alza. Come un missile, carica di rabbia, si scaglia contro l’altra rimasta: “Hey cocca, a quell’imbecille GLI devi dire che la mascherina
messa come la mette lei non va.”Non soddisfatta, rincara la dose: “Qua non è che possiamo morire per lei.”
Incredulo assisto alla scena, che va avanti per una trentina di secondi. Qualche parola conciliante di nessuna efficacia, ma alla fine l’aggredita sceglie la strada del mutismo selettivo e l’aggressore, sentendosi un po’ scema, se ne torna in fondo al mezzo. Tanto è agitata, che le viene qualche colpo di tosse.
La paladina delle mascherine ha una cacchio di FFP2 addosso. E tritura gli zebedei agli altri.
Quindi, cara paladina, volevo tanto dirti:
- - Stai dentro la trachea di un paziente covid?
FFP2-FFP3
- - Stai in autobus? Mettiti pure lo scafandro se
vuoi, ma sopra mettici la maschera chirurgica. Soprattutto se sei una
trituratrice di gonadi. Se no ci fai brutta figura.


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