Un grazie alle nostre forze dell'ordine

“Ha l’autocertificazione?”
“Sì, certo.” dico io tranquillo. “Devo mettere la data di oggi, ha per caso una penna?”
“La penna la deve avere lei” risponde seccata l’agente. “Per ovvie ragioni.”
Conto fino a tre. Uno, due… mi fermo.
“Va bene, allora la devo far attendere un attimo che cerco la penna.”
“Intanto allora favorisca un documento d’identità.”
“Certamente.” dico io.
Lei sbuffa.
Tre…
 “Però mi deve togliere una curiosità: la mia carta d’identità non la mette a rischio come farebbe una penna?”
Parte il pippone sul fatto che le danno un solo paio di guanti al giorno.
“Mi dispiace.” dico io con calma. “Però lei ritiene di essere esposta a un agente biologico e con i guanti con cui avrà manipolato una cinquantina di documenti tocca e mi restituisce il mio. Lei è qui per proteggere una popolazione o sé stessa da un contagio?”
Secondo pippone sul fatto che lei non sta lì a divertirsi di domenica a controllare gente che se ne va a zonzo come me.
“Facevo il turno in ospedale, io.”
“Ah.” risponde lei. Sempre seccata.
“Mi dispiace di essere sembrato insolente, ma non era affatto ovvia la ragione per cui non mi potesse dare una penna e poi mi chiedesse il documento.” dico pacato, con il tono di chi si vuol scusare. “Più che altro, però, son rimasto male dal fatto che mi avesse trattato con aria di sufficienza.” Aggiungo. “Ma magari l’ho presa in un momento sbagliato, di questi tempi può capitare.” la guardo, non ribatte. Continuo: “Comunque, il contagio non avviene facilmente a mezzo di oggetti. Se non mi vuole dare una penna va bene, ma se il suo scopo è proteggerci, noi cittadini, prenda pure i nostri documenti ma si ricordi d’invitarci a non toccarci in viso e di lavare le mani appena possibile. Basta questo e vale anche per lei quando toglierà i guanti. Serenamente.”
L’ho messa a disagio. Un po’ mi dispiace, un po’ no. Però lei ha capito.
Mi restituisce il documento, poi si rende conto di non aver preso qualche estremo. Questa volta è gentile nel chiedermelo indietro. Registra il dato mancante e mi ridà la carta d’identità.
“Buona giornata.” le dico. “E grazie per il vostro lavoro.”
Questa volta sorride.

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